presenta FAVENTIA
Ceramica italiana contemporanea a cura di Roberto Lacarbonara e Gaspare Luigi Marcone Fino all'11 gennaio 2025
12 artisti in 12 mesi chiamati a esporre sculture e installazioni realizzate in ceramica
Prossimi appuntamenti Lorenza Boisi | fino all'11 aprile 2024 Luigi Ontani | 12 aprile - 10 maggio 2024 Nicolò Cecchella | 11 maggio - 11 giugno 2024 Silvia Celeste Calcagno | 12 giugno - 11 luglio 2024
BUILDINGBOX via Monte di Pietà 23, 20121 Milano Visibile 24/7 building-galllery.com |
Dal 12 gennaio 2024 all’11 gennaio 2025, BUILDINGBOX presenta FAVENTIA. Ceramica italiana contemporanea, un progetto espositivo a cura di Roberto Lacarbonara e Gaspare Luigi Marcone che coinvolge dodici artisti italiani chiamati a esporre sculture e installazioni realizzate in ceramica: un programma dedicato alla secolare tradizione artistica della città di Faenza, tra i principali distretti produttivi nazionali, nonché sede ed epicentro di progetti e musei tematici come il “MIC Museo Internazionale delle Ceramiche”, il “Premio Faenza” e il “Museo Carlo Zauli”. Inoltre, la rassegna nasce come forma di omaggio verso un territorio segnato dall’alluvione del maggio 2023. Come nella consueta programmazione annuale di BUILDINGBOX, la rassegna ospita interventi a cadenza mensile. In questa edizione, la presentazione delle opere avverrà il 12 di ogni mese: “numerologia” che allude alla ciclicità e alla sintesi tra elementi terreni, spirituali e temporali, oltre alle numerose simbologie legate al numero 12 nella storia e nelle culture di diverse parti del mondo.
Il progetto rappresenta una mappatura e una sintesi di alcune delle principali espressioni artistiche legate alla ceramica del XX e XXI secolo, promuovendo un avvicendamento tra autori di diverse generazioni che, in maniera ricorrente o sporadica rispetto alla propria produzione, usano le tecniche di lavorazione dell’argilla proseguendo, recuperando o rivoluzionando la straordinaria manualità della formatura e il valore cromatico-luministico delle smaltature.
Città divenuta sinonimo della ceramica maiolicata in molte lingue – il francese (faïance), l’inglese (faience) – l’antica Faventia è terra di produzione artigiana sin dall’epoca romana, caratteristica che sarà potenziata nei secoli successivi. In anni recenti molti sono gli artisti che hanno fatto ricorso alle fornaci faentine – anche grazie a progetti di residenze, mostre, workshop, premi, riviste – per la produzione artistica di sculture di medie e grandi dimensioni, spesso pensate per uno sviluppo ambientale e installativo. L’atto primario e demiurgico di forgiare la terra conferisce alla ceramica uno statuto esclusivo, quasi un’ontologia, la condizione aurorale della scultura. Nell’immediatezza plastica della manipolazione che precorre la cristallizzazione di una cottura, vi è tutta la naturalezza di un procedere per trasformazioni lente e meditate tra progettualità e casualità. Nella ceramica, come in un disegno, c’è il seme di un’origine, quella sorgività dell’immagine e delle cose nell’attimo stesso del loro concepimento. Dunque, la ceramica – al di là delle categorizzazioni tra artigianato, arte, oggetto d’uso, pezzo unico o seriale – detiene una intermedietà (o intermedialità) tra pensiero e gesto, tra segno e plastica, tra forma e colore operando, inoltre, con vari elementi naturali come terra, acqua e fuoco e ibridando linguaggi, tecniche, ricerche e conoscenze tra gli artisti e gli artigiani.
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12 marzo - 11 aprile 2024 Lorenza Boisi Ondulux (dettaglio), 2017-2024 ceramica secondo fuoco installazione, misure complessive variabili |
Lorenza Boisi Ondulux (dettaglio), 2017-2024
ceramica secondo fuoco, installazione misure complessive variabili ph. Ilaria Maiorino |
Il terzo appuntamento della rassegna FAVENTIA. Ceramica italiana contemporanea è dedicato all’opera Ondulux (2017-2024) di Lorenza Boisi (Milano, 1972) composta, si potrebbe dire, da frammenti biografici colorati, realizzati in questi ultimi anni. Alla stregua di vecchie lamiere ondulate, adoperate nelle coperture provvisorie o semipermanenti di edifici industriali, le lastre di ceramica di Boisi appaiono logore, consunte e frammentarie, bucate in più parti, come estratte da una originale allocazione a esaurimento della propria funzionalità. All’origine della scultura, un ricordo d’infanzia: un evento meteorologico violento degli anni Settanta che, tra tetti scoperchiati di case e capannoni, alberi sradicati e la disperazione della gente, segnò la memoria dell’artista “per via dell’inatteso arrivo di una vasta lastra di ondulux tipicamente verde, strappata chissà da quale dove, per atterrare sul nostro giardino pensile”. Emulando la forma modellata nel tipico profilo “a onda” – concepito nelle lamiere di plastica o metallo per aumentare la resistenza agli sforzi di flessione – Boisi alimenta l’ambiguità visiva e giunge alla sottile contraddizione tra materiali estremamente differenti in termini di impiego e resistenza. Della fragilità della ceramica sappiamo. Conosciamo gli usi affettivi e domestici, le antiche testimonianze di civiltà che, dalla forgiatura della terra, traevano forme e sostegni, ma anche ornamento e figure. Boisi attinge, innanzitutto, alla produzione di fabbrica, approdando a un modello, a una soluzione e a una superficie capaci di mostrare tanto la linearità del disegno progettuale e serializzato, quanto l’irregolarità e imperfezione di un fare manuale, irregolare e non funzionale. Da tempo al centro della produzione dell’artista milanese, le sue sculture in ceramica rivelano l’immediata esigenza di plasmare la materia in assoluta autonomia, senza mai demandare alle maestranze.
Un approccio che ben si addice alla ricerca di immediatezza espressiva, esistenziale ed emotiva nel segno pittorico e scultoreo, laddove le forme, le narrazioni, gli echi mitici e gli oggetti della memoria personale compongono un universo plastico dalla forte “emotività concettuale”, come spesso dichiara l’artista. Gesti liberi e cromie accese di gusto genuinamente naïf accanto a un’esibita perizia tecnica e sintesi formale, come nelle opere in mostra che, occupando lo spazio per via di illogiche disposizioni e sovrapposizioni, rivelano la sua connaturata insubordinazione, fuggendo dalla presunta simulazione dell’oggetto verso l’invenzione di un corpo-onda che ostenta la sua pelle smaltata di nuova luce e trasparenza. “L’ondulux ha un bellissimo nome: Luce ondulata; sì, perché è come guardare, attraverso quelle increspature, dei bassi fondali” ricorda l’artista. Le particolari cromie dei lavori sono state realizzate nei laboratori del Museo Carlo Zauli di Faenza.
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12 aprile - 10 maggio 2024 Luigi Ontani Grillo Mediolanum, 1995 ceramica policroma e oro zecchino
95 x 47 x 46 cm |
Luigi Ontani
Grillo Mediolanum, 1995 ceramica policroma e oro zecchino 95 x 47 x 46 cm ph. Paolo Vandrasch |
Il quarto artista ospitato nel BUILDINGBOX, per il progetto FAVENTIA. Ceramica italiana contemporanea, è Luigi Ontani (Montovolo, 1943) con l’opera Grillo Mediolanum (1995). Nella produzione dell’artista, il ricorso alla ceramica risale agli anni Ottanta (attraverso la collaborazione con il Laboratorio Terraviva a Vietri sul Mare e con Venera Finocchiaro a Roma) e il rapporto con le maestranze faentine – in particolare con la Bottega d’Arte Ceramica Gatti dal 1990 – conduce alla realizzazione di numerose sculture dal carattere allegorico e mitologico con il frequente rimando al proprio autoritratto, in continuità con l’opera performativa e i celebri tableaux vivants.
Il caso di Grillo Mediolanum rappresenta un intervento di omaggio ludico nei confronti del capoluogo lombardo. Invitato a presentare un progetto dall’architetto Italo Rota – all’epoca Assessore per la Qualità urbana – Ontani realizza la scultura raffigurando un essere antropomorfo che sintetizza vari emblemi della “milanesità” – un grillo, con le sembianze dell’artista e con la barba alla Leonardo da Vinci – che regge in una mano una copia dei Promessi Sposi (1825-1842) di Alessandro Manzoni e, nell’altra, un uovo dorato; oggetto ricorrente in alcune opere dell’artista, possibile rimando alla Pala Montefeltro (1472-1474 circa) di Piero della Francesca, conservata nella Pinacoteca di Brera, oltre che a varie opere di forma “ovoidale” realizzate da Lucio Fontana o Piero Manzoni nonché al luogo di origine dell’artista (Montovolo). Il busto della statua è rivestito con un motivo ornamentale che riproduce l’interno del Teatro alla Scala e indossa un cinturone con lo stemma cittadino (una croce rossa su fondo bianco). Sulla testa, un copricapo a forma di panettone, sormontato da una riproduzione della Merda d’artista (1961) di Piero Manzoni. L’articolato e ironico raggruppamento di numerosissime citazioni e rimandi iconici, concepito dall’artista al fine di proporre una singolare e nuova “mascotte” della città, suscitò numerose polemiche e contestazioni da parte della giunta comunale del sindaco Marco Formentini. Oggetto di critiche e insulti anche pubblici, messo alla berlina in strada nei pressi di corso Buenos Aires – fu soprannominato “bagonghi”, nano da circo – il lavoro di Ontani trovò tra i difensori lo stilista Elio Fiorucci secondo il quale rappresentava bene lo spirito di Milano tra vivacità e ironia, definendo l’opera “talmente moderna che non la capisce nessuno”. Dopo queste vicissitudini il Grillo Mediolanum è stato esposto in vari contesti e musei – dal Palazzo della Ragione di Milano al Castello di Rivoli – per poi trovare nuova casa in una illuminata collezione privata.
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11 maggio - 11 giugno 2024 Nicolò Cecchella Specchi di terra (Volto-Terra; Volto-Specchio), 2015-2017 terracotta, terzo fuoco, platino
installazione, misure complessive variabili; ciascun elemento circa 24 x 16 x 10 cm |
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Nicolò Cecchella Specchi di terra (Volto-Terra; Volto-Specchio), 2015-2017 terracotta, terzo fuoco, platino installazione, misure complessive variabili ciascun elemento circa 24 x 16 x 10 cm ph. Nicolò Cecchella |
Il quinto artista ospitato nella rassegna FAVENTIA. Ceramica italiana contemporanea è Nicolò Cecchella (Reggio Emilia, 1985) con l’installazione Specchi di terra (2015-2017) composta da un gruppo di sculture realizzate a partire dall’impronta in argilla del viso dell’artista.
Il volto è una traccia tangibile dell’interiorità. È ciò che, per definizione, avvolge, ricopre, definisce i limiti epidermici del soggetto, incorporandone i caratteri espressivi e identitari. Nel volto vi è sempre la fine di un corpo e l’inizio di una relazione con il mondo. Eppure, nella scultura di Cecchella, il volto non è mai “rivolto”, non si dà verso l’esterno come un’interfaccia (la faccia assume, semmai, l’aspetto di una superficie uniforme, anonima e inespressiva, al punto da disporsi sul pavimento, verso terra). Al contrario, il volto-sembiante si rivela unicamente nella zona di contatto e di pressione tra la materia scultorea – l’argilla – e il viso di un io, quasi fosse una maschera di sé e per sé, unicamente orientata verso l’interiorità. A questo contribuiscono anche gli occhi chiusi, catturati in posa mortale o in una qualche forma di negazione ed esclusione. Maschera totale, specchio opaco di argilla, che rifletterà in modo diverso, solo per chi saprà andare oltre la traccia. Là dove, come ha scritto Cecchella “un enigma si volge al presente, continuamente chiamandolo passato”. In questi frammenti si va alla fonte della sostanza arcaica, per darne la radice, il calco-impronta della sua estrazione. Un solo elemento, tra le opere esposte, si differenzia per la tecnica e per l’esito plastico e visivo. Un “volto-specchio” in cui, per mezzo di una triplice cottura, uno strato specchiante in platino riveste la cavità interna – e simulacrale – della scultura. È qui che si verifica l’inversione dell’immagine: nella luce accecante del metallo, si sommano i rispecchiamenti dello spazio circostante, di altre presenze. Il volto si estrinseca, accoglie, contiene e deforma altri volti, si volge verso l’esterno riflettendolo, anche in modo accecante, pur seguitando nel suo incomunicabile e inaccessibile mistero. Resta comunque, come per ogni io – o meglio “frammento dell’io” – una parte non vista, e nemmeno visibile, una geografia remota dove non è possibile inoltrarsi se non per incontrare uno sguardo muto, inciso ad occhi chiusi nella terracotta. L’opera è stata realizzata in collaborazione con il laboratorio Ceramic & Colours di Faenza.
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12 giugno - 11 luglio 2024 Silvia Celeste Calcagno Veronica, 2020 fireprinting su gres
installazione, misure complessive variabili, 72 tessere; ciascuna 21 x 18,5 cm |
Silvia Celeste Calcagno Veronica (dettaglio), 2020 fireprinting su gres, installazione, misure complessive variabili, 72 tessere ciascuna 21 x 18,5 cm |
Il sesto appuntamento della rassegna FAVENTIA. Ceramica italiana contemporanea è dedicato all’opera Veronica (2020) di Silvia Celeste Calcagno (Genova, 1974). Il titolo dell’installazione rievoca la figura evangelica di Veronica, la cui enigmatica vicenda – elaborata in epoca medievale, seppur tratta dalle Sacre Scritture – riconduce all’esistenza, nell’antichità, di una reliquia in tessuto con impresso il volto di Cristo. Lo stesso nome della donna pare derivi dall’accostamento dell’aggettivo latino vērus con il sostantivo greco bizantino “εἰκών” (icona), per indicare la “vera immagine” di Gesù, tra quelle considerate non dipinte da mano umana. Traccia effimera, transitiva e mortale del volto, il velo della Veronica consegna alla memoria un momento dell’esistenza, catturando la pura esteriorità di una maschera, di una superficie. A questa delicata suggestione, si lega la realizzazione delle tavolette di argilla che l’artista ha realizzato riportando, per mezzo di una stampa monocromatica, l’immagine di fiori e piante, soggetti fragili e simboli di una bellezza fugace dalla inesorabile caducità. Lo splendore dirompente e perituro dei fiori rappresenta un motivo di profonda venerazione nella spiritualità di molte culture orientali, come nel caso dell’Hanami giapponese, in cui la pianta diviene allegoria dell’esistenza umana e della ciclicità della natura.
Nel ricorso alla tecnica del fireprinting® – elaborata e brevettata da Calcagno e già oggetto del prezioso riconoscimento del Premio Faenza del 2015, per la prima volta conferito a una donna italiana – l’impressione dell’immagine avviene in maniera diretta su un supporto materico dove l’artista interviene pittoricamente, con l’utilizzo di ossido nero, e con la successiva monocottura ad alta temperatura. Una modalità che rende ogni pezzo unico e irripetibile oltre a comportare l’azione affettiva e meditata di un “ritorno alla terra” dell’elemento vegetale, in un processo che riconcilia simbolicamente la vita con il suolo. Nel corso degli anni, Calcagno – che attualmente opera ad Albissola, altro grande centro della ceramica italiana – ha perfezionato questo procedimento fino a raggiungere esiti di altissima perizia tecnica in grado di trattenere straordinarie velature e trasparenze, esponendo sul territorio nazionale e internazionale la propria produzione.
Del 2018 la mostra personale e il workshop tenuti al Museo Carlo Zauli di Faenza. |
I curatori
Roberto Lacarbonara (Bari, 1981), giornalista e curatore di arte contemporanea, è Direttore artistico del museo CRAC Puglia – Centro Ricerca Arte Contemporanea (Taranto) e Codirettore della Fondazione Biscozzi | Rimbaud (Lecce), curatore della Fondazione Museo Pino Pascali (Polignano a Mare), docente di Storia dell’Arte all’Accademia di Belle Arti di Lecce. Collabora con il quotidiano La Repubblica e con il periodico Espoarte. Tra i suoi libri si ricordano: Giuseppe Capogrossi e l’architettura, Silvana Editoriale, Cinisello Balsamo – Milano, 2023; Luciano D’Alessandro. L’ultimo idealista, Postcart, Roma, 2021; Passages/Paysages, Mimesis, Sesto San Giovanni – Milano, 2020; Pino Pascali Fotografie, con A. Frugis, Postmedia Books, Milano, 2018. Tra i recenti progetti curatoriali istituzionali: “Lisetta Carmi. Identities” (con G. B. Martini, Estorick Collection, London, 2023); “Nico Vascellari. Tre quattro galline” (con P. P. Pancotto, Fondazione Pino Pascali, Polignano a Mare, 2022-2023); “Pino Pascali. From Image to Shape” (con A. Frugis, Palazzo Cavanis, 58. Biennale Arte di Venezia, Venezia, 2019).
Gaspare Luigi Marcone (Terlizzi, 1983) vive e lavora a Milano. Laureato in Storia e critica dell’arte all’Università degli Studi di Milano dove ha anche conseguito il dottorato di ricerca in Scienze del patrimonio letterario, artistico e ambientale e ha collaborato con il Dipartimento di Storia dell’Arte. Dal 2015 è cofondatore e Direttore artistico di The Open Box – Milano. Ha curato mostre e pubblicato testi critici su vari artisti del XX e XXI secolo per musei pubblici, istituzioni e gallerie private. Tra i suoi libri si ricordano: Piero Manzoni, Scritti sull’arte, Abscondita, Milano, 2013; Piero Manzoni, Diario, Electa, Milano, 2013; Fontana, Baj, Manzoni 1958 – 2018, Carlo Cambi Editore, Poggibonsi – Siena, 2018; Piero Manzoni: Writings on Art, Hauser & Wirth Publishers, Zürich, 2019. Tra i recenti progetti curatoriali istituzionali: “Lucio Fontana. Autoritratto” (con S. Roffi, W. Guadagnini; Fondazione Magnani Rocca, Mamiano di Traversetolo – Parma, 2022); “Goldschmied & Chiari. Eclisse” (Museo Novecento, Firenze, 2019); “Gianni Caravaggio. Iniziare un tempo II” (Museo Novecento, Firenze, 2018-2019); “Piero Manzoni. Solo” (Museo Novecento, Firenze, 2018).
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INFORMAZIONI
FAVENTIA. Ceramica italiana contemporanea a cura di Roberto Lacarbonara e Gaspare Luigi Marcone
BUILDINGBOX via Monte di Pietà 23, 20121 Milano Visibile 24/7 Calendario 12 marzo - 11 aprile 2024 Lorenza Boisi Ondulux, 2017-2024 ceramica secondo fuoco installazione, misure complessive variabili 12 aprile - 10 maggio 2024 Luigi Ontani Grillo Mediolanum, 1995 ceramica policroma e oro zecchino 95 x 47 x 46 cm
11 maggio - 11 giugno 2024 Nicolò Cecchella Specchi di terra (Volto-Terra; Volto-Specchio), 2015-2017 terracotta, terzo fuoco, platino installazione, misure complessive variabili; ciascun elemento circa 24 x 16 x 10 cm
12 giugno - 11 luglio 2024 Silvia Celeste Calcagno Veronica, 2020
fireprinting su gres installazione, misure complessive variabili, 72 tessere; ciascuna 21 x 18,5 cm |
BUILDING è un progetto dedicato all’arte nelle sue più varie forme di espressione situato nel centro di Milano. Nata nel 2017 dalla visione di Moshe Tabibnia, BUILDING è incentrata su una ricerca artistica, storica e contemporanea, volta verso una nuova idea di galleria d’arte, in cui cultura e mercato avanzano paralleli.
BUILDING si presenta come una costellazione composta da diversi spazi e progettualità, in cui giovani protagonisti della scena internazionale, artisti affermati e storicizzati, così come artigiani e designer si incontrano in un’ottica di scambio intergenerazionale e sconfinamento di discipline, mirando ad una costante sperimentazione e creazione di cultura.
In questa visione si inseriscono inoltre: BUILDINGBOX, un progetto espositivo annuale situato all’interno di una delle vetrine di BUILDING, fruibile dall’esterno 24 ore su 24, 7 giorni su 7, che ospita a cadenza mensile opere legate tra loro da un fil rouge temporale; BUILDING TERZO PIANO, uno spazio che nasce dal desiderio di esplorare la creatività in tutte le sue sfaccettature e la cui identità si svilupperà nel tempo seguendo una programmazione indipendente.
BUILDINGBOX
BUILDINGBOX, è un progetto espositivo inaugurato nel settembre 2018, situato in una delle vetrine di BUILDING affacciate su via Monte di Pietà. Attraverso la sua collocazione – compresa all’interno della galleria ma fruibile dall’esterno 24 ore su 24, 7 giorni su 7 – BUILDINGBOX riflette l’obiettivo per cui è stato creato: costruire un luogo indipendente caratterizzato da un progetto autonomo rispetto alla programmazione delle mostre che BUILDING ospita durante l’anno. BUILDINGBOX è un luogo che si basa su un’estensione temporale annuale ove le opere sono legate fra loro da un fil rouge che si svilupperà nel tempo, invece che nello spazio: un tempo continuo, presente, ripetuto, che amplia e dilata le possibilità e le varianti espositive che BUILDING è in grado di offrire. Questa vetrina ospita diversi artisti e designer, cicli di mostre e progetti temporanei, offrendo un approfondimento di tipo curatoriale su molteplici tematiche artistiche.
BUILDINGBOX ha inaugurato nel settembre 2018 con l’esposizione 5779, a cura di Nicola Trezzi. Basato sul calendario ebraico, il progetto analizzava una logica di sradicamento del fare mostre basata sulla predominanza del tempo sullo spazio. Da ottobre 2019 a gennaio 2021, ha ospitato il secondo ciclo espositivo Dalla sabbia, opere in vetro, a cura di Jean Blanchaert e in collaborazione con Berengo Studio, dedicato al vetro come medium espressivo e quindi come simbolo della creazione artistica.
Nel 2021 BUILDINGBOX ospita il progetto La forma dell'oro a cura di Melania Rossi che ha affrontato il tema dell’utilizzo dell'oro nella ricerca artistica contemporanea, osservato sia con seduzione alchemica che con volontà dissacratoria.
Nel 2022, in occasione del quinto anniversario, lo spazio ha presentato il progetto espositivo Flashbacks, a cura di Alice Montanini, che ha ripercorso le tappe più importanti dell’attività di ricerca e promozione artistica di BUILDING.
Nel 2023 BUILDINGBOX ospita Equorea (di mari, ghiacci, nuvole e altre acque ancora), progetto espositivo a cura di Giulia Bortoluzzi, dedicato all’approfondimento del tema dell’acqua come emblema di ogni forma di vita e come fonte di ispirazione artistica. |
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